IMPRESE: CARO MATERIALI DA COSTRUZIONE, IL GOVERNO ABBANDONA LE AZIENDE
E SI CONTRADDICE SULLA VOLONTA’ POLITICA DI FACILITARE LA RIPRESA ECONOMICA E SUL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DEL PNRR
Leggi la lettera sul Corriere della Sera e su Il Sole 24 Ore.
“Siamo sulla giusta strada per la ripresa economica!”; “Siamo pronti per raggiungere gli obiettivi del risanamento, del rilancio della economia, dei giusti investimenti grazie al PNRR!”; “Siamo pronti per la realizzazione di un paese digitalizzato!”; “Siamo un paese che investe per raggiungere gli obiettivi di risparmio energetico e per la riduzione dell’inquinamento ambientale!”
Agli slogan che questo Governo aveva pronunciato come cardini per la ripresa del Paese, purtroppo, non hanno fatto sempre seguito provvedimenti idonei al perseguimento degli importanti e condivisi obiettivi.
Sono ancora da affrontare problemi che se non risolti rischiano di annullare i buoni propositi con riflessi pesanti sulla tenuta del sistema produttivo e dei livelli occupazionali.
Le nostre imprese vivono da molti mesi nell’angoscia e nell’incertezza di non poter svolgere la propria funzione economica e sociale.
Dopo il duro colpo della pandemia, avevamo ritrovato una strada di ripartenza e l’impegno del Governo, che con il suo Presidente Draghi ha dichiarato che il 2021 “è un anno in cui non si chiedono soldi, si danno soldi”; tutti elementi che hanno alimentato la reale fiducia che ce l’avremmo fatta.
Negli ultimi mesi però, è sorta una nuova emergenza, la cui gravità è, nei fatti, ignorata e ridimensionata dalle istituzioni competenti.
Ci riferiamo al cosiddetto “caro materiali” e “caro energia”, per i quali stiamo registrando da mesi aumenti non più sostenibili, che si traducono nell’impossibilità di sostenere i contratti di appalto di costruzioni, manutenzioni e servizi, in essere con la pubblica amministrazione e con i privati, e nell’impossibilità di partecipare alle nuove gare.
A fronte di quanto sopra e dell’urlo di dolore del settore delle costruzioni, l’unica risposta che abbiamo avuto da Parlamento e Governo è stata l’istituzione di un fondo – 100 milioni! – che è insufficiente – per usare un eufemismo – per quanto le risorse stanziate sono perfettamente disancorate dalla realtà degli aumenti che le imprese stanno sostenendo da mesi.
A questo aggiungiamo pure che nel Decreto Ministeriale varato in questi giorni, malgrado fosse atteso per fine ottobre, la Commissione Consultiva Centrale del Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS), incaricata di registrare le variazioni di prezzo dei materiali nei primi mesi dell’anno, ha rinvenuto solamente 56 voci di materiale e rilevato aumenti superiori all’8% solo per 36 di esse.
Gli aumenti registrati dalle imprese nello stesso periodo però, sono significativamente superiori a quanto riportato nel documento ministeriale, differenze percentuali fino a 40, 50 punti.
Non è una risposta seria ad un problema così gravoso per il settore produttivo. Una risposta inadeguata perché l’elenco è incompleto, in quanto non considera un gran numero di materiali che sono oramai di uso comune nei settori della costruzione degli impianti e dei servizi energetici, delle costruzioni edili e delle infrastrutture che riporta denominazioni ormai superate.
È un elenco confuso, perché in alcuni casi fa riferimento al materiale finito e in altri alla materia prima e, infine, le unità di misura riportate sono diverse da quelle utilizzate nell’acquisto o per la contabilità. A questo si aggiunge poi il fatto che la metodologia utilizzata consiste in una mera media matematica di dati disomogenei.
È un documento che contraddice la espressa volontà politica di far ripartire il paese con idee chiare e investimenti. È un provvedimento che necessita di essere riformulato e integrato con i materiali che vengono effettivamente utilizzati dal mercato della costruzione degli impianti e dei servizi energetici e delle costruzioni edili anche con riferimento alle rilevazioni degli aumenti registrati per l’energia elettrica e il gas naturale.
Il rischio, sempre più prossimo, è che si assista ad un blocco dei cantieri, all’apertura di contenziosi e alla rescissione dei contratti per eccessiva onerosità, a causa di una situazione incontrollata che vede rincari abnormi e quindi priva di quell’equilibrio di mercato che è alla base dei negoziati.
E’ necessario che il Parlamento e il Governo si adoperino innanzitutto per definire un impegno di spesa serio, che faccia fronte realmente all’enorme problema dei rincari dei materiali; i 100 milioni stanziati rappresentano solo la punta di un enorme iceberg! E’ poi necessario un aggiornamento dell’elenco dei materiali considerati, così come della metodologia di rilevazione finora adottata per poter fotografare il reale andamento dei prezzi sostenuti dalle imprese e dare risposte adeguate per fronteggiare l’eccezionalità e la gravità del momento. A tal fine la procedura della compensazione deve poter essere estesa anche agli aumenti delle commodity energetiche quali, in primis, energia elettrica e gas naturale.
Restando in tema di energia non si comprende la ratio che ha indotto il Legislatore ad escludere i clienti privati e pubblici che sottoscrivono un Contratto servizio energia o un contratto EPC dalle misure di sostegno varate con il decreto “caro-bollette” malgrado sia noto a tutti che questi strumenti contrattuali sono tra i pochi che la legislazione nazionale ed europea riconosce come fondamentali per favorire l’efficientamento energetico in ambito sia pubblico che privato, compreso il settore del social housing.
Ci domandiamo come si possa lasciare sulle spalle delle imprese un peso così insostenibile.
Ci domandiamo dove sia lo spirito di unità nazionale quando si abbandona un intero settore.
Ci domandiamo se effettivamente si vuole perseguire la strada della ricostruzione e della crescita, oppure se stiamo assistendo solo ad una serie di proclami.
A tutte le nostre domande, chiediamo risposte tempestive e concrete.
Ascoltare le imprese è ascoltare il cuore produttivo dell’Italia.
Ascoltare le imprese è sostenere il Lavoro, la Crescita economica e il Benessere sociale.
Ascoltare le imprese vuol dire credere ancora nel futuro dell’Italia.