La curva dei contagi dimostra che persiste una diffusione del virus che provoca focolai anche di dimensioni rilevanti e impone di mantenere le disposizioni emergenziali.
Il Consiglio dei Ministri, nella riunione del 7 ottobre 2020 (su parere del Comitato tecnico scientifico), ha quindi deliberato la proroga dello stato di emergenza fino al 31 gennaio 2021.
Conseguentemente, con il successivo decreto legge 7 ottobre 2020, n. 125 (allegato), il Governo ha adottato ulteriori misure di sicurezza in relazione alla pandemia.
Articolo 1
Con l’articolo 1, sono stati modificati i decreti-legge 18, 19, 33 e 83 del 2020.
Più in particolare, per quanto riguarda le materie d’interesse, rilevano le modifiche ai decreti-legge 19, 33 e 83.
Con riferimento al decreto-legge 19/2020 le modifiche riguardano i primi due commi dell’articolo 1:
- al comma 1, viene esteso al 31 gennaio 2021 il termine dello stato di emergenza indicato nell’articolo 1, comma 1
- nel comma 2, nell’ambito della previsione che individua e autorizza le misure da adottare a contrasto della pandemia, viene inserita una ulteriore rilevante previsione. Si tratta, testualmente, dell’“obbligo di avere sempre con sé dispositivi di protezione delle vie respiratorie, con possibilità di prevederne l’obbligatorietà dell’utilizzo nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all’aperto a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi, e comunque con salvezza dei protocolli e delle linee guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali, nonché delle linee guida per il consumo di cibi e bevande, restando esclusi da detti obblighi:
1) i soggetti che stanno svolgendo attività sportiva;
2) i bambini di età inferiore ai sei anni;
3) i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina, nonché coloro che per interagire con i predetti versino nella stessa incompatibilità”.
Va rilevato che la norma – nella logica del necessario coordinamento tra attività legislativa e regolamentare di Parlamento e Governo, introdotta con il DL 33/2020 – pone i presupposti normativi (ed i limiti) perché sia il futuro DPCM ad introdurre legittimamente disposizioni puntuali, rispondenti alla generale previsione di legge.
Occorre però evidenziare che l’articolo 5 del decreto – ritenendo di non dover attendere l’emanazione del futuro DPCM – dispone l’applicazione immediata di questo obbligo.
Quindi, il DPCM potrà prevedere:
- l’obbligo di portare la mascherina (impropriamente chiamata “dispositivo di protezione”) sempre con sé
- l’obbligo di indossarla nei luoghi al chiuso (la norma esclude fin d’ora la possibilità di disporre misure all’interno delle abitazioni private)
- l’obbligo di indossarla in tutti i luoghi all’aperto: la disposizione eccettua fin d’ora i casi in cui, “per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi”. Quindi, laddove ci si trovi in luoghi isolati, che garantiscono naturalmente il distanziamento, l’obbligo di indossare la mascherina non sussiste, anche se ci si trovi in presenza di una persona convivente. A questo proposito, salvo che non intervengano ulteriori precisazioni, va evidenziato che il concetto di “convivente” appare più ristretto sia di quello di “congiunto” sia di quello di “persona che intrattiene rapporti interpersonali stabili” (utilizzato nel DPCM del 7 settembre 2020, linee guida per il trasporto pubblico).
Il decreto-legge fa fin d’ora salva l’applicazione dei protocolli e delle linee guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali, nonché delle linee guida per il consumo di cibi e bevande. La previsione è importante perché, in mancanza, la disposizione generale avrebbe legittimato il futuro DPCM ad alterare le previsioni del Protocollo del 14 marzo 2020 che regolano le ipotesi in cui vige l’obbligo di uso della mascherina nello svolgimento dell’attività lavorativa (mancanza di distanziamento di almeno un metro, luoghi comuni, etc.). Quindi, nei luoghi di lavoro continuerà a trovare applicazione il Protocollo, anche laddove disponga diversamente rispetto ad un DPCM che, in ipotesi, imponesse l’uso continuo della mascherina in qualsiasi luogo chiuso.
Ancora, non si potrà imporre l’obbligo di indossare la mascherina nello svolgimento di attività sportiva, ai bambini di età inferiore ai 6 anni ed alle persone con patologie e disabilità incompatibili con detto adempimento (ivi compresi gli accompagnatori).
Con riferimento al decreto-legge 33/2020, le modifiche riguardano innanzitutto la disciplina del rapporto tra le misure nazionali adottate con DPCM e quelle regionali.
Modificando l’articolo 1, comma 16, si stabilisce, infatti, che la Regione può introdurre misure derogatorie rispetto a quelle nazionali solamente in senso restrittivo (e non anche ampliativo, come in precedenza). Per poter introdurre previsioni ampliative (ossia di minor rigore), la Regione potrà intervenire nei “casi e nel rispetto dei criteri previsti dai citati decreti e d’intesa con il Ministro della salute”. Quindi, ciò potrà avvenire solamente se il DPCM consentirà l’adozione di misure ampliative da parte delle Regioni e se ci sarà l’intesa con il Ministro della salute.
La modifica all’articolo 3, comma 1, del DL 33/2020 sposta il riferimento originario dal 15 ottobre 2020 all’attuale termine dello stato di emergenza fissato per il 31 gennaio 2020.
Le modifiche al decreto-legge 83/2020 – relativo alla proroga dei termini previsti dalle misure emergenziali – riguardano l’aggiornamento del termine dello stato di emergenza al 31 gennaio 2021 (art. 1, comma 3) e alcune modifiche dell’allegato I, che riporta le disposizioni prorogate fino al 31 dicembre 2020.
In particolare, quanto alla proroga del lavoro agile in modalità semplificata, non paiono esservi dubbi in ordine al rinvio della possibilità di ricorrere a tale modalità fino al 31 dicembre 2020, posto che lo spostamento della scadenza dal 15 ottobre al 31 dicembre disposta dal DL 125/2020 riguarda tutte le misure indicate nell’allegato I al DL n. 83/2020, dove (ai punti 14 e 32) si richiama, senza modifiche, la normativa inerente il lavoro agile (per la quale è venuto meno solamente il riferimento al lavoro agile genitoriale, in quanto sostituito dalla disciplina del DL n. 111/2020, anch’essa valida per periodi fino al 31 dicembre 2020, in base all’art. 5, comma 5).
Tra queste, rientra tra i temi di interesse esclusivamente l’ampliamento del termine per l’utilizzo del sistema di tracciamento Immuni, in coerenza con le previsioni dell’articolo 2, che garantiscono ulteriormente la continuità operativa del sistema di allerta COVID e l’interazione con piattaforme europee.
Articolo 3
on l’articolo 3, si differiscono al 31 ottobre 2020 i termini previsti dai commi 9 e 10 (1) per prestare le domande di CIG.
Articolo 4
on l’articolo 4, viene data attuazione alla Direttiva (UE) 2020/739 della Commissione del 3 giugno 2020, che inserisce il SARS-CoV-2 nell’elenco degli agenti biologici di cui è noto che possono causare malattie infettive nell’uomo (modificando la direttiva (UE) 2019/1833 della Commissione).
Dunque, il COVID19 (meglio definita come “sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2”) viene introdotto (nell’allegato 46) del d.lgs. n. 81/2008 tra gli agenti biologici classificati di categoria 3, ossia come un agente che, secondo l’art. 228, “può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche”.
Va ricordato che la disciplina inerente agli agenti biologici si applica “a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici” (art. 266): dev’essere quindi l’ambiente lavorativo ad esporre al rischio. E, ancora, che l’obbligo di comunicazione alla ASL vige nel caso in cui il datore di lavoro “intende esercitare attività che comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3” (art. 269).
L’obbligo di valutare i rischi (art. 271) e di adottare le misure tecniche, organizzative, procedurali (art. 272 e seguenti) sono compatibili con un rischio specifico che, introdotto dal datore di lavoro, determini l’obbligo prevenzionale.
È evidente che il virus COVID19 non è “gestito” dal datore di lavoro né introdotto o utilizzato nel luogo di lavoro (a meno che non si tratti di un laboratorio chimico). Come è altrettanto evidente che la valutazione del rischio del COVID19 – come ormai acclarato – non è possibile, trattandosi di un rischio biologico generico incombente sull’intera popolazione.
Così, ancora, è anche palese che le misure di contrasto al COVID19 sono da identificarsi, per espressa previsione di legge (art. 29bis l. n. 40/2020), nel rispetto del Protocollo del 14 marzo 2020.
Ci riserviamo di ritornare sul tema, anche alla luce della Direttiva (EU) 2019/1833, sempre in tema di agenti biologici, che dovrà essere prossimamente recepita.
Articolo 5
Con l’articolo 5 viene prorogata al 15 ottobre 2020 (o alla data di adozione del successivo DPCM) la durata del precedente DPCM 7 settembre 2020.
Inoltre, con il medesimo articolo 5, viene disposta – come sopra ricordato – l’immediata applicazione (fino alla adozione del DPCM e comunque non oltre il 15 ottobre 2020) della misura che prevede l’obbligo del possesso della mascherina in ogni situazione e del suo uso in tutti i luoghi chiusi (tranne le abitazioni private) e i quelli all’aperto (salvo quelli isolati, sia pure in presenza di una persona convivente). Si conferma l’eccezione per gli ambiti regolati dai Protocolli e dalle linee guida per il consumo di cibi e bevande e per le attività ed i soggetti indicati nella richiamata disposizione.
(1) “9. I termini decadenziali di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi, compresi quelli differiti in via amministrativa, in scadenza entro il 31 luglio 2020, sono differiti al 31 agosto 2020.
10. I termini di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi che, in applicazione della disciplina ordinaria, si collocano tra il 1° e il 31 agosto 2020 sono differiti al 30 settembre 2020”.