In questi giorni si stanno intensificando le richieste di pareri da parte delle imprese associate in ordine alla gestione dei lavoratori che rientreranno in azienda dopo aver trascorso il periodo di ferie al di fuori del territorio nazionale.
Ed infatti, stante l’attuale diffusione della pandemia di COVID-19, occorrerà contemperare il carattere personale della fruizione delle ferie da parte del lavoratore con gli obblighi di protezione che ricadono sul datore di lavoro nei confronti della popolazione aziendale complessivamente considerata.
Per questo motivo, con l’obiettivo di prevenire un eventuale contezioso in materia, riteniamo opportuno invitare le aziende a regolare preventivamente, già in occasione della concessione delle ferie estive, gli aspetti legati al rientro dei lavoratori in azienda, ponendo una particolare attenzione agli obblighi previsti dal Protocollo aziendale di salute e sicurezza e agli obblighi di quarantena e isolamento domiciliare a cui andrebbero incontro, una volta rientrati in Italia, nel caso si volessero recare in Paesi “a rischio”, come segnalati sul sito del Ministero della Salute.
E quindi, nell’ambito della corretta gestione del rapporto di lavoro, le imprese ben potranno sensibilizzare i propri dipendenti a fruire in maniera “responsabile” del periodo feriale, invitandoli ad evitare di soggiornare in Paesi esteri che comportino un maggior rischio di contagio, con la potenziale conseguenza di pregiudicare il successivo rientro in azienda.
Tale posizione trova particolare conferma anche in una pronuncia della Corte di Cassazione (n. 1699 del 2011) che, trattando il caso, un po’ particolare, di un lavoratore ammalatosi in vacanza, enuncia il seguente principio a valenza generale: “……se pure è vero che il lavoratore è pienamente libero nel decidere come e dove utilizzare il periodo delle ferie, è altrettanto vero che siffatta libertà deve essere coniugata, alla stregua dei suddetti principi di correttezza e buona fede posti dagli artt. 1175 e 1375 c.c. che impongono alle parti del rapporto sinallagmatico di tenere comunque un comportamento che non pregiudichi la realizzazione delle rispettive posizioni di diritti ed obblighi, con l’esigenza che le scelte dallo stesso operate in materia non siano lesive dell’interesse del datore di lavoro a ricevere regolarmente la prestazione lavorativa dedotta in contratto”.
Questo insegnamento, già di per sé pienamente fondato e condivisibile, si rafforza laddove si tenga conto che, nel caso della pandemia, non entra in gioco solo l’interesse del datore “a ricevere regolarmente la prestazione lavorativa dedotta in contratto” bensì anche l’interesse, di ben più ampia portata, della tutela della salute pubblica, in generale, e della comunità dei colleghi di lavoro, in particolare.
Alla luce di quanto sopra, il lavoratore, pur nel fruire liberamente del proprio periodo di ferie dovrà, a nostro avviso, tenere rigorosamente conto degli obblighi di quarantena previsti dall’ordinamento italiano (sia nazionale che locale), in costante aggiornamento sulla base dell’andamento del numero dei contagi.
In applicazione dei principi generali di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto di lavoro, il lavoratore che si recherà all’estero sarà quindi tenuto a pianificare le proprie ferie evitando di esporsi a situazioni che generano l’obbligo di isolamento/quarantena, tanto nel Paese ospitante che al suo rientro in Italia.
Per questi motivi, oltre a ribadire l’importanza dell’applicazione (sia pur attualizzata alla nuova fase di gestione dell’emergenza) del Protocollo di sicurezza, abbiamo predisposto:
- una bozza di informativa da consegnare ai lavoratori prima del loro ingresso in ferie
- e, similmente a quanto previsto dallo stesso Protocollo durante la fase di lockdown, una dichiarazione negativa in ordine alla sua permanenza nei Paesi in black list o in merito agli obblighi di sottoposizione a quarantena/isolamento domiciliare dopo il rientro da Paesi esteri “a rischio”.